Fare il pane in casa

Fare il pane in casa

Un po’ di storia

Resti archeologici e scritti antichi attestano che il pane era già in uso presso gli Egizi e divenne il comune alimento dei Greci, tanto che per Omero “mangiatori di pane” è sinonimo di uomini, di uomini in quanto portatori di civiltà, in contrapposizione ai popoli che non conoscevano il pane (pastori, barbari, nomadi etc).
L’uomo divenuto coltivatore, infatti, pose fin dall’inizio la sua attenzione sui cereali, facilmente coltivabili e soprattutto conservabili anche per tempi lunghi. All’inizio venivano consumati crudi, ma poi si scoprì la possibilità di abbrustolirli.
L’idea della macinazione dei cereali probabilmente venne suggerita all’uomo dall’atto della masticazione. Col passare del tempo le tecniche divennero via via più raffinate e si arrivò ad impastare il pane con l’acqua. C’è chi sostiene che la scoperta fu casuale: le acque del Nilo bagnarono questa primordiale farina che, per non essere buttata via, venne cotta ugualmente.
All’inizio si sarebbe quindi trattato di gallette secche e dure, cotte su pietre roventi.
Sembra che il concetto di lievitazione sia da fare risalire sempre agli Egizi e sempre per una casualità. Un impasto dimenticato per un po’ di tempo lievitò naturalmente grazie ai fermenti presenti nell’aria. Tale impasto rigonfio venne cotto ugualmente (la saggezza di un tempo: non si butta via niente!) e ne nacque un pane morbido. Di lì a poco si cominciarono a sperimentare nuovi modi di cuocere: si arrivò quindi all’invenzione del forno, da attribuire sempre agli Egizi.
I Greci impararono presto e, nel giro di un secolo, vantavano 72 varietà diverse di pane, impastato con farine differenti e con ingredienti disparati: frutta secca, semi di coriandolo, miele…
L’arte della panificazione iniziò a Roma nel II secolo a.C., dopo la conquista della Macedonia, probabilmente imparata dagli schiavi macedoni. In breve tempo divenne anche per i Romani un alimento base, tanto che nella fine del II secolo esistevano già una corporazione di fornai e i legislatori dell’epoca definirono un insieme di regole tali da assicurare alla città un numero sempre sufficiente di questi artigiani: i fornai non potevano cambiare mestiere, il loro primo figlio maschio doveva diventare fornaio e chi sposava la figlia di un fornaio doveva anch’egli “convertirsi” a questo mestiere.
Di fatto tutto ciò che c’era da scoprire sul pane era già stato scoperto. Negli anni a venire ci furono soprattutto cambiamenti nell’agricoltura e soprattutto nei mezzi tecnici con cui si coltivavano i cereali e si produceva il pane.
Gli ingredienti

Gli ingredienti per fare il pane sono pochi e molto semplici: farina, lievito, acqua e sale. In realtà, come per tutte le cose, per avere un buon prodotto ci vogliono ingredienti di qualità e ha la sua importanza anche l’ambiente in cui si lavora.
La farina di frumento

Il frumento, o grano, é una pianta di natura spontanea, conosciuto già dagli egizi.
Le infinite varietà del grano possono essere ricondotte essenzialmente a due: duro, impiegato soprattutto per la preparazione di pasta e tenero impiegato nella panificazione. Il chicco di grano si divide in tre parti: esternamente si trova un involucro fibroso (la crusca) non del tutto digeribile, che svolge un ruolo essenziale nel trasporto delle sostanze nutritive.
La maggior parte del chicco di grano é formato dall’endosperma povero di vitamine e sali minerali ma ricco di idrati di carbonio (amidi) e proteine, dal cui impasto si forma il glutine.
La farina di frumento è senza dubbio la più usata per preparare il pane. Il grano tenero è il cereale più adatto alla panificazione, per l’alta percentuale di amido che contiene e per la presenza di due particolari proteine, la gladiana e la glutenina che, mescolate con l’acqua, hanno la proprietà di rendere gli impasti tenaci ed elastici e quindi lievitare senza rompersi.
Man mano che il grano viene macinato, dalla farina viene eliminata la crusca, per ottenere farine sempre più bianche e fini. I numeri che contraddistinguono le farine indicano proprio il grado di raffinazione: la farina di tipo 00 è la più raffinata, contiene meno crusca, ma anche meno glutine e perciò è la meno adatta alla panificazione. E’ importante notare che tra le farine che hanno lo stesso grado di raffinazione esistono le cosiddette “farine forti” e “farine deboli”, a seconda della loro ricchezza di glutine. Le più adatte alla panificazione sono le farine forti, dalle quali si ottiene un pane più soffice, leggero e ben lievitato.
Torniamo a parlare del chicco di grano: con la crusca e l’endosperma, si trova anche il germe, la parte da cui nascerà la nuova pianta. Contiene moltissimi enzimi, importanti proteine, vitamine, sali minerali. Questa parte così importante del chicco, subisce, nei processi di raffinazione, la stessa sorte della crusca: viene eliminata. Quindi di tutti gli originali costituenti del grano dopo la raffinazione restano proteine e soprattutto amidi. L’amido é un polisaccaride, uno zucchero, che certamente e’ indispensabile quale fonte energetica, ma non da solo. Confrontiamo i dati:
100 gr di farina bianca     100 gr di farina integrale

-proteine 9 gr
-sali minerali 0,5 %
-calcio 14 mg
-magnesio 50 mg
-fosforo 90 mg
-K calorie 343
-vit. B1 0,1 mg
-vit. B2 0,04 mg
-vit. B6 0,2 mg

proteine 13 gr
-sali minerali 2,2%
-calcio 50 mg
-magnesio 150 mg
-fosforo 450 mg
– K calorie 321
-vit . B1 0,6 mg
-vit. B2 0,3 mg
– vit. B6 0,7 mg

Come si può facilmente vedere, non solo la farina bianca ha più calorie di quella integrale (per la maggior presenza di amidi) ma circa la metà di tutti gli altri componenti “vitali” quali le vitamine ed i sali minerali.
Negli ultimi anni si sta assistendo all’inserimento sul mercato di prodotti spacciati per integrali: viene fatta passare per integrale, farina che in realtà e’ stata solo reintegrata. Si tratta di farina bianca raffinata con aggiunta di crusca, che cerca di ricostruire quello che é stato in precedenza distrutto. Quindi, occhio alle etichette! Esistono due/tre marche famosissime in Italia che, alcune da anni, alcune recentemente si sono messe a sfornare prodotti “integrali”, basterà leggere gli ingredienti sulle confezioni e vedrete scritto: farina 0 (o qualcosa del genere) aggiunta di cruschello, o crusca a seconda dei casi.
La farina di segale

Conosciuta come l’Avena fin dall’Età del bronzo, la segale costituiva la base alimentare di molte popolazioni, quali Celti e Germani.
Da sempre utilizzata soprattutto sotto forma di farina, non é da disdegnarne l’uso in chicchi integri, soprattutto se cotti insieme al riso integrale che addolcisce il gusto molto forte della segale, in insalata, od aggiunta già cotta, a minestre e zuppe di verdura.
Il chicco della segale si presenta di forma allungata, simile al frumento, con un colore dorato tendente al verdastro. L’uso frequente di questo cereale é raccomandabile a chi soffre di stipsi, data l’alta percentuale di fibre in esso contenute, agli studenti ed ai convalescenti per la cospicua presenza di fosforo e proteine che, d’altra parte, ne sconsigliano un uso frequente a chi soffra di problemi renali. E’ da segnalare anche l’azione antisclerotica che la segale svolge elasticizzando i vasi sanguigni.
Scarsamente utilizzata in Italia, è invece largamente usata nella panificazione nel resto d’Europa.
Oltre che più scura, essa è anche più ricca di proteine e di fosforo rispetto alla farina di frumento e per questo motivo è consigliata nelle diete per convalescenti e debilitati, ma poiché è meno ricca di glutine è meno adatta alla preparazione del pane. Infatti, per avere un prodotto buono anche dal punto di vista del gusto, viene mescolata con farina di frumento.
La farina di mais

E’ usata sempre in abbinamento a quella di frumento, poichè le sue caratteristiche e la scarsa presenza di glutine non permetterebbero una buona lievitazione e darebbero un pane mediocre. Viene utilizzata nei pani speciali in piccole quantità, che conferiscono una buona friabilità ed un gusto leggermente dolce al pane.
La farina d’orzo

L’orzo é uno dei cereali più antichi del mondo, conosciuto nell’Egitto dei Faraoni, nella Grecia, a Roma, era caldamente consigliato da Ippocrate (il padre della medicina) per ogni genere di malattie data la sua digeribilità e la buona quota energetica che sa donare.
In commercio esistono due tipi di Orzo: Orzo Mondo integro, privo soltanto dello strato più esterno indigeribile, e l’Orzo Perlato sottoposto a trattamento di brillatura come il riso. Anche se normalmente, l’orzo mondo e’ consigliabile per la sua ricchezza in minerali, vitamine ed oligoelementi, nelle persone diabetiche e negli obesi la dieta macrobiotica, che cura direttamente con il cibo, consiglia l’orzo perlato.
L’orzo abbonda di proprietà curative: é rimineralizzante delle ossa, previene le affezioni polmonari e cardiovascolari, molto indicato in caso di gastriti, coliti e cistiti. L’orzo può essere consumato oltre che integro, anche sotto forma di fiocchi da cuocere per pochi minuti in latte o brodo o da aggiungere nello yogurt. Infine come dimenticare il vecchio caffè d’orzo? Ottenuto con orzo tostato e macinato, produce una bevanda sana e rinfrescante. L’Orzo, é indicato per tutti ed in qualunque età, ma é particolarmente indicato per gli anziani ed i bambini, mentre l’unica limitazione é posta alle persone con problemi renali: l’orzo infatti ha molte proteine (ne é il cereale più ricco) che potrebbero rivelarsi eccessive per questi pazienti.
Essendo povero di glutine, è utilizzabile nella panificazione solo insieme alla farina di frumento. La farina d’orzo, che di solito prima di essere miscelata viene tostata, dà un pane dolce, di un colore che tende al grigio.
La farina di avena

L’avena, usata ormai quasi esclusivamente per l’alimentazione animale, era un tempo molto diffusa, sia per la facilità di coltivazione, sia per le sue grandi qualità nutritive.
Si presenta in chicchi, simili a quelli del frumento, solcati.
L’avena é in assoluto il cereale più ricco di proteine e di grassi, per questo motivo se ne sconsiglia l’uso costante a chi abbia problemi di peso e/o renali, d’altro canto, é un cereale leggermente “eccitante” che aiuta in modo considerevole gli apatici, gli indecisi, gli adolescenti e chiunque abbia bisogno di “rigenerarsi”. Tale caratteristica viene perduta dal cereale se consumato sotto forma di fiocchi, che conferiscono invece calma e rilassatezza.
L’avena contiene anche naturalmente un ormone della crescita chiamato “Auxina”, questo, unito all’alta percentuale di calcio contenuta nei chicchi, la rende indicata nei ritardi di crescita e nel rachitismo.
All’avena mancano però le proteine necessarie per la formazione del glutine e quindi è inadatta alla preparazione del pane se non mescolata ad altre farine.
Il pane preparato con farina d’avena è elastico, dolciastro ed energetico.
La farina di riso

Il riso, e’ conosciuto da millenni, originario dei popoli asiatici, di cui costituisce circa l’80 % dell’alimentazione, fu importato in occidente probabilmente da Alessandro Magno. Nella sua forma integrale, il riso é sicuramente il cereale non solo più versatile, ma anche e soprattutto più equilibrato, indicato in ogni stagione, ad ogni costituzione fisica.
Il riso integrale si compone di diversi strati, ricchi di elementi fondamentali: vitamine, sali minerali, oligoelementi. Tali sostanze sono quasi totalmente assenti nel riso raffinato a causa dei processi di lavorazione, esso é costituito quasi esclusivamente da amido.
Anche la farina di riso, per la mancanza di glutine, può essere usata solamente se mescolata alla farina di frumento. Anzi, proprio per questa sua mancanza viene utilizzata quando si vuole ridurre la collosità degli impasti e per produrre pani speciali o altri prodotti per i celiaci, cioè per quelle persone che soffrono di intolleranza alimentare alle glutine.
Il pane preparato con una parte di farina di riso integrale dà un pane liscio e morbido, nutriente e tonificante.
La farina di soia

La farina, mescolata alla farina di frumento, dà un pane energetico e ricco di proteine, che però tende a diventare colloso ed elastico, soprattutto nelle giornate umide.
Talvolta i grani di soia, rozzamente macinati, vengono mescolati all’impasto per preparare pani speciali.
Non trascurabili sono le avvertenze che vengono da più parti riguardo la problematica della soia geneticamente modificata, che spesso è mescolata alla soia naturale. Va posta quindi particolare attenzione nel reperire questa materia prima.
La farina di miglio

Il miglio, nel passato, ha rappresentato la base dell’alimentazione umana; coltivato quasi in tutto il mondo, dall’Europa, alla Cina, all’Ucraina, fu nei secoli, soppiantato da cereali più “nuovi” quali il mais, l’orzo ed il riso. Il miglio é venduto esclusivamente decorticato, ma ciò non rappresenta un grosso handicap, dal momento che in questo cereale, le parti scartate dalle lavorazioni, non contengono grosse quantità di principi nutritivi.
Il miglio é ricchissimo in acido salicilico per questa ragione e’ un ottimo coadiuvante nella crescita e nel mantenere in salute la pelle, i capelli e le unghie.
Adatto soprattutto alle stagioni fredde, é di facile digestione, particolarmente indicato oltre che nella prima infanzia e nelle cure ricostituenti, nelle malattie di stomaco, milza e pancreas.
La farina che si ottiene dai minuscoli chicchi del miglio dà un pane nutriente, fragrante e ben digeribile.
Anche questa farina viene però usata assieme alla farina di frumento, se si vuole ottenere un impasto in grado di lievitare, dato che anche questo cereale è privo di glutine.
La farina di grano saraceno

Il grano saraceno in realtà non è un cereale, ma appartiene alla famiglia delle Poligonacee.
Viene tutt’ora consumato in Alta Italia sotto forma di farina per la preparazione di due specialità gastronomiche: la polenta taragna (bianca di gusto delicato) ed i pizzoccheri.
Il grano saraceno e’ molto usato sotto forma di farina anche in Russia dove si usa preparare delle piccole focacce (i blinis) da farcire solitamente con caviale e salmone affumicato.
Il grano saraceno e’ un alimento molto equilibrato, ricco in ferro, vitamina B, vitamina E e magnesio, particolarmente adatto alle stagioni fredde data la sua capacita’ riscaldante, può pero’ essere usato saltuariamente anche in estate per preparare gustose insalate, unendovi verdure fresche , olive ed eventualmente formaggi leggeri.
Il grano saraceno annovera tra le sue proprietà la capacità di fornire energia e vigore fisico, cosa che lo rende particolarmente adatto nella convalescenza, nella gestazione, agli anziani; aiuta ad eliminare dall’organismo i liquidi in eccesso ed ha una notevole azione rivitalizzante su reni, cuore e ghiandole sessuali.
La farina di grano saraceno rende il pane molto nutriente.
Il lievito

II lievito è il secondo ingrediente indispensabile per la preparazione del pane e la sua funzione è quella di far aumentare il volume dell’impasto di acqua e farina e, nello stesso tempo, di renderlo ricco di bolle di gas e quindi leggero e poroso dopo la cottura.
Il lievito trasforma parte degli zuccheri in alcol e in questa trasformazione si ha la produzione di anidride carbonica che liberandosi nell’impasto, lo gonfia e lo fa aumentare di volume.
Durante la cottura, riscaldandosi, il gas aumenta ulteriormente di volume e si ottiene cosi quella alveolatura più o meno regolare, più o meno fine, che caratterizza i diversi tipi di pane.
Il lievito facilita anche alcuni cambiamenti nella struttura del glutine e la formazione di alcuni composti chimici che danno al pane il profumo e il sapore caratteristico.

Per produrre il pane vengono usati essenzialmente tre tipi di lievito: il lievito di birra, il lievito secco e il lievito naturale.
Lievito di birra

E’ un tipo di lievito conosciutissimo e molto usato in tutte le case dove si preparano focacce, pizze, o altre pietanze del genere.
Solitamente viene venduto al pubblico in cubetti refrigerati dal peso di 15-30 g che hanno l’aspetto di una pasta compatta, di un uniforme color grigio-crema.
I cubetti di lievito di birra sono in pratica degli ammassi di un particolare microrganismo: il Saccaromices cerevisiae; si tratta perciò di cellule vive, che entrano in attività (respirazione, riproduzione, ecc.) quando sono portate a una temperatura intorno ai 25°.
È questo il motivo per cui il lievito di birra va conservato al freddo, ed è anche per questo motivo che il lievito di birra deperisce abbastanza in fretta: una settimana se è tenuto a una temperatura di pochi gradi sopra lo zero, uno o al massimo due mesi se è tenuto a temperature inferiori allo zero.
Questo lievito permette una lievitazione in tempi brevi, soprattutto se alla farina si aggiunge un pizzico di saccarosio, cioè il normale zucchero da cucina, che è un alimento fondamentale per queste cellule.
Lievito secco

II lievito secco ha come unico vantaggio quello di essere più stabile di quello di birra.
Si presenta sotto forma di granuli minuti e si riattiva quando viene sciolto in acqua con una temperatura attorno ai 40°, cioè un poco più alta di quella richiesta dal lievito di birra.
Sul mercato ci sono tipi diversi di lievito secco, perciò le dosi di questo ingrediente che vengono date nelle ricette sono indicative ed è necessario attenersi a quanto indicato sulla confezione.
Lievito naturale

II lievito naturale viene chiamato anche lievito di pasta acida, o panetto o pasta madre, e non è altro che un impasto di farina e acqua lasciato all’aria per un periodo più o meno lungo.
Questo lievito infatti si forma spontaneamente grazie alle spore di microrganismi (fermenti lattici e acetici) che sono sempre presenti nell’aria degli ambienti e che, depositandosi sull’impasto di farina e acqua, trovano nutrimento e cominciano a fermentare (che è in un certo qual modo il loro modo di nutrirsi) e a riprodursi.
Il risultato di questa microscopica attività è la trasformazione dell’impasto in una vera e propria coltura di lieviti. Se questo impasto fermentato viene mescolato a un nuovo impasto di farina e acqua, esso agisce proprio come un qualsiasi lievito, anche se più lentamente, perché meno concentrato e puro.
La preparazione del pane col lievito naturale è un processo più complesso e più lungo rispetto alla panificazione col lievito di birra o con quello secco, ma il pane che si ottiene ha una porosità più regolare, una maggiore conservabilità, un maggior contenuto in vitamine del gruppo B e anche una maggiore digeribilità, perché in un certo senso è già stato parzialmente “predigerito” dai microrganismi.
In commercio esistono dei prodotti che servono a facilitare la formazione del lievito naturale. Si tratta in pratica di miscele di frumento e miele o simili, che permettono di innestare il processo fermentativo nell’impasto di farina e di acqua e di controllarlo, rendendo meno problematica e più sicura la panificazione con questo metodo.
Un modo semplice e naturale per fare la pasta madre consiste nell’impastare 100 g di farina di frumento integrale, possibilmente macinata di recente e in ogni caso non più vecchia di 3-4 mesi, con un po’ di acqua fresca e aggiungendo, secondo i gusti, 1 cucchiaino scarso di olio extravergine d’oliva e 1 di miele. Manipolate l’impasto fintantoché raggiunga una consistenza tale da non risultare appiccicoso. Date al composto la forma di una palla, riponetelo in una ciotola e copritelo con un panno umido e costantemente inumidito, lasciandolo a riposo per 48 ore: l’inumidimento del panno permetterà di evitare la formazione di una crosta.
Trascorso il tempo previsto, aggiungete un paio di cucchiai di acqua tiepida, preventivamente bollita, e tanta farina quanta ne sarà necessaria per ottenere una nuova pagnotta che abbia la stessa consistenza di quella preparata prima. Ripetete il procedimento precedente, ossia riponetela in una ciotola, eventualmente più grande in quanto il volume del secondo impasto sarà maggiore, e tenetela coperta per altre 48 ore con un canovaccio costantemente inumidito, scegliendo un angolo di casa tiepido e al riparo da correnti d’aria. La temperatura stabile (attorno ai 18-20 gradi) è una delle condizioni alle quali prestare maggiori attenzioni, in quanto sbalzi anche minimi potrebbero compromettere il buon esito dell’operazione.
Acqua

L’acqua ha un ruolo fondamentale nella preparazione dell’impasto, non solamente perché permette di amalgamare farina e lievito e gonfia i granuli d’amido, ma anche perché il lievito ne ha bisogno per esplicare la sua funzione.
L’acqua dura e clorata è la meno adatta; per eliminare i sali minerali si può bollirla e poi farla riposare per qualche ora in modo che si arricchisca nuovamente di aria. Eliminare il cloro non è possibile; la sua presenza può rallentare un po’ la lievitazione, il che non è detto che sia negativo.
In genere è opportuno usare l’acqua a una temperatura di 20°-30° e tenere poi l’impasto a una temperatura intorno ai 25°.
Si tenga presente che tanto più alta è la temperatura dell’acqua e dell’ambiente tanto più rapida sarà la lievitazione, ma che a una lievitazione molto rapida non corrisponde una qualità eccezionale del pane. Inoltre bisogna ricordare che il pane non lievita bene né a temperature troppo basse (a 10° impiega 12 ore) né a temperature troppo alte, che uccidono i lieviti.
Sale

Il sale è importante, ma non indispensabile (si veda il pane Toscano, che ne è privo).
Quando viene utilizzato, va sciolto nell’acqua dell’impasto in una dose del 1-2 % in peso rispetto al peso della farina.
Nelle dosi giuste, migliora la plasticità dell’impasto e allunga il periodo di conservazione del pane.
Gli strumenti

Per fare il pane in casa non sono necessari strumenti particolari. La necessario è ovviamente il forno.
In commercio però esistono utensili studiati per chi ama fare tutto da se.
Mulini per uso domestico

Per avere un buon pane è importante, oltre alla qualità della farina, anche che essa sia macinata di fresco e possibilmente con macine che non surriscaldino il chicco o asportino il germe.
Oltre alla possibilità di rivolgersi a chi produce ancora secondo metodi tradizionali, c’è la possibilità di acquistare una piccola macina casalinga. Il limite del mulino è che si surriscalda (soprattutto con il mais); questo va tenuto presente perché la vitamina C inizia a degradarsi a 35 °.
E’ bene dire che il prezzo di una macina è abbastanza alto, superiore alle 200000 lire, a seconda della capienza, della componentistica e soprattutto se è dotato di motore elettrico o è manuale. Dall’esperienza bilancista, il costo del mulino si ammortizza non comperando pane per un anno.
La caratteristica principale che distingue i mulini è il tipo di macina. Per uso casalingo è bene che il mulino sia dotato di macina che non richieda di essere ribattuta o affilata.
Ottime sono le macine costruite con un miscuglio di sabbia, granito, corindone e porcellana oppure solo di questi ultimi due. Infatti queste sostanze sono unite ad alte temperature, senza dover ricorrere a sostanze chimiche.
Si tenga presente che tanto è minore il diametro della macina, tanto è maggiore il numero di giri a parità di potenza e che quando la velocità di rotazione è elevata la farina si ottiene per frantumazione: la crusca risulta quindi fine come la farina e ben distribuita in essa. Al contrario, quanto minore è la velocità di rotazione, tanto più il prodotto ottenuto è soffice e con fiocchi grandi di crusca, poiché la farina in questo caso è ottenuta per schiacciamento. Dopo aver macinato, quando si vogliono fare dolci o pasta in casa, si setaccia; per fare il pane invece non serve setacciare. Il grano va tenuto in un locale aerato e fresco, possibilmente in un contenitore a silo (si raccoglie dal fondo e rimane sempre aerato).
Le impastatrici

In commercio esistono diversi elettrodomestici per impastare, ma la loro azione non può essere paragonata a mano sulla tradizionale tavola di legno.
Per quanto riguarda la spianatoia ed il mattarello, è importante il modo in cui si puliscono.
Se su di essere rimangono residui di impasto è necessario lasciarli asciugare bene, per poi raschiarli con una spazzola a setole rigide, evitando coltelli o lame.
Anche l’acqua è da evitare, perché se il legno non è ben stagionato si può imbarcare. Una spianatoia mal ridotta sarebbe poi difficile da utilizzare ad esempio per stendere la sottilissima e regolare pasta delle tagliatelle.
Il forno

Per una buona riuscita del pane è essenziale un forno che diffonda il calore in modo regolare in ogni zona.
Il forno migliore rimane quello a legna, grazie al modo in cui è costruito, con spesse pareti che diffondono il calore in modo regolare e lo trattengono a lungo, e per il fatto che il combustibile è appunto la legna con i suoi buoni profumi.
Anche il forno a gas può essere utilizzato per cuocere il pane, poiché arriva rapidamente alla temperatura desiderata, può essere agevolmente regolato durante la cottura e raggiunge anche temperature molto alte.
Per quanto riguarda i forni elettrici, sarebbe meglio disporre di un forno ventilato.
La ricetta

1. Si può usare il lievito di birra secco: 1 bustina (15-20 g) per 500-1000 g di farina (tenendo presente che usando farina integrale bisogna aumentare la quantità di lievito). Al lievito si aggiunge mezzo cucchiaino di zucchero di canna oppure un cucchiaino di miele o di malto (per favorire la lievitazione), mettendo il tutto in tre quarti di bicchiere di acqua tiepida. Si lascia poi riposare finché produce una bella “schiumetta”.
2. E’ preferibile dotarsi di un mulino e usare grano macinato al momento, perché mantiene tutte le proprietà (infatti impoverisce già dopo una settimana), aggiungendo comunque un po’ di farina bianca (farina 0 biologica, nel bio non esiste il doppio zero). Prima di mettere il cereale, bisogna impostare la grossezza della farina che si vuole ottenere.
3. Si mescolano dunque mezzo kg di farina integrale macinata al momento, il bicchiere con il lievito e altri 3-4 bicchieri di acqua tiepida (non calda, perché “uccide” la lievitazione).
4. Si ottiene un impasto molto morbido (da impastare solo col cucchiaio), a cui si aggiunge il sale.
5. Si lascia riposare, coperto con uno strofinaccio, per almeno un’ora.
6. All’impasto morbido si aggiunge farina bianca 0 finché esso risulta abbastanza consistente. Con questa procedura l’impasto viene lavorato pochissimo (uno-due minuti).
7. Si versa poi l’impasto in uno stampo infarinato (o antiaderente) e lo si lascia riposare ancora un’oretta, coperto da un panno.
8. Infine si mette in forno caldo (possibilmente a legna) per 45-50 minuti. Se il pane viene troppo asciutto, durante la cottura si può mettere un pentolino d’acqua nel forno.

Per fare la pizza, dopo la fase 6, si stende l’impasto (a cui si può aggiungere un po’ d’olio) con le mani su una teglia unta d’olio e si lascia riposare 10 minuti. Si cuoce poi l’impasto per circa 10 minuti, infine si aggiunge il condimento a piacere e si completa la cottura.
Bisognerebbe aspettare almeno 12 ore prima di mangiare il pane, perché diviene più assimilabile.
E’ preferibile fare una pagnotta rotonda grande, così i saccaromiceti restano vivi al centro. Con un coltellino molto affilato sarebbe bene tagliare la crosticina. Se il pane viene cotto a cassetta, dopo 20 minuti di cottura lo si può togliere dallo stampo e lasciar cuocere fuori, abbassando la temperatura.
Un’esperienza
Patrizio di Firenze

Da aprile faccio il pane in casa grazie ad un amico che mi ha dato la pasta madre per farlo lievitare naturalmente.

Il lavoro è minimo: devo fare un primo impasto (composto dalla pasta madre, 100 gr d’acqua e 150 gr di farina), farlo lievitare una prima volta per quattro ore circa (di solito lo faccio la sera prima di andare a dormire) e poi fare un secondo impasto (aggiungo 300 gr d’acqua e 500 gr di farina) che lascio riposare 2-3 ore (quando vado a lavorare, faccio il secondo impasto alle 7,30 per poi infornare la pagnotta al mio rientro, alle 17,30). A questo punto, stacco un pezzo dell’impasto grande come un pugno e lo metto in frigo in una vaschetta chiusa (lo utilizzerò come madre la volta successiva), prendo una manciata di farina, manipolo un poco l’impasto rimasto e lo metto in forno: 20 min. a 210 gradi e poi 45-50 a 180 gradi.
Dopo la prima mezz’ora giro la teglia per farlo cuocere uniformemente.
Per i due impasti il tempo è di circa 10-15 minuti per volta.

Passiamo ai costi (i prezzi sono riferiti a Firenze, anno 2000):
Solitamente la mia pagnotta pesa circa 700-800 gr più o meno, ma per comodità, assumiamo che pesi 1 kg.
Prezzi del pane in vendita:
Prezzo del pane al supermercato: 2750 lire/kg
Prezzo del pane al forno vicino a casa: 4200 lire/kg
Prezzo del pane integrale biologico a lievitazione naturale e cotto a legna:
6500 lire/kg
Costi per l’autoproduzione:
Lievitazione:
con pasta madre, gratis
con lievito di birra fresco, 150 lire/kg
Farina:
bianca a basso prezzo, 450 lire/kg
bianca, 900 lire/kg
bianca o integrale biologica, 2000 lire/kg
Energia:
secondo i dati presenti nel libretto del mio piccolo forno (tipo fornetto de longhi, per intendersi) occorrono 0,1 kwh per portare il forno dalla temperatura ambiente fino a 200 gradi, e altri 0,5 kwh per mantenerlo a 200 gradi per un’ora: si può assumere con buona approssimazione quindi che io consumi 0,6 kwh per ogni pagnotta sfornata. Dalla bolletta ENEL ho visto che 1 kwh costa, a seconda della fascia di consumo, 114 0 151 lire: considerando il prezzo più alto, il consumo energetico del pane è di 90 lire circa.
Una pagnotta di pane biologico mi costa quindi:
2000 lire di farina biologica
0 lire per il lievito
90 lire di energia
1 lira scarsa d’acqua che per comodità non considero nei costi
TOTALE: 2090 lire al chilo
Considerando il prezzo più basso del pane, il risparmio per ogni pagnotta è di 660 lire l’una, per circa otto pagnotte al mese fanno 5280 lire al mese. Se considero il pane biologico cotto a legna, il risparmio a pagnotta è di 4410 lire, al mese di 35280 lire.
Detto per inciso, il costo del fornetto che ho è di circa 200-220 mila lire; ci sono anche più economici ma non ventilati e quindi con consumi leggermente superiori (non
saprei valutare quanto però).
Valutazioni personali finali:
fare il pane in casa è più economico che acquistarlo, ma con la lievitazione naturale, per i suoi tempi più lunghi, occorre ricordarsi con anticipo di fare i vari impasti (si può ovviare con il lievito di birra, aggiungendo un costo di 150 lire a pagnotta e 1200 lire al mese);
per non fare sciupare la pasta madre, è consigliabile fare una nuova panificazione almeno ogni settimana (magari facendo la pizza); il pane a lievitazione naturale è mangiabile agevolmente anche dopo diversi giorni, a differenza del pane del supermercato e di quello comune del forno, quindi eliminazione degli sprechi; fare il pane in casa mi diverte e mi dà la soddisfazione di produrre qualcosa di ben fatto e di riappropriarmi della mia manualità.
Bibliografia

Un libro senza il quale questo dossier non sarebbe stato fatto è:
Profumo di pane: guida alla preparazione casalinga dell’alimento più antico del mondo. P. Balducchi, P. Celli, editoriale Olimpia (Firenze, 1997) L.16000
Altre fonti indispensabili sono state le esperienze di famiglie bilanciste e soprattutto ciò che è scaturito nell’ottobre del 1999 nel laboratorio sui cereali dell’incontro del Bi-Veneto.
Siti internet interessanti:

C’era una volta il pane: www.geocities.com/NapaValley/Cellar/9964/
Il pane in Romagna: www.criad.unibo.it/galarico/arts/pane/piada.htm
Agricoltura biologica: www.agricolturabiologica.com/alimentazionenaturale/
Resistenza ai Frankenfood ed alla Biopirateria: www.rfb.it/
Informazioni sulle macine:
www.odm.it/verdeacasa/macinacereali.html
www.naturalia.it/mulini/index.htm

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