BILANCI DI GIUSTIZIA
LETTERA DI INFORMAZIONE TRA GLI ADERENTI ALLA CAMPAGNA
N° 101 – SETTEMBRE 2005
INCONTRO ANNUALE A LIGNANO 2005
Vogliamo iniziare questa Lettera partendo dalla fine dell’Incontro annuale, cioè dai ringraziamenti!
Come vedrete abbiamo superato le più entusiastiche previsioni di partecipazione, nelle prossime Lettere vi daremo conto dei lavori di gruppo e delle discussione, intanto… DIAMO I NUMERI (dell’Incontro.)
586 partecipanti all’Incontro, di cui
190 bambini sotto i 12 anni e
31 adolescenti
170 nuclei famigliari presenti all’Incontro
79 nuclei famigliari partecipanti alla Bilacanza
43204 euro spesi per l’Incontro e la Bilacanza
270 giorni di preparazione (!)
13 persone non bilanciste che hanno dato il loro contributo e la struttura GETUR
146 bilancisti di fatto che hanno partecipato all’organizzazione (i Gruppi Locali di Verona, Mestre, Pordenone, Udine, Monfalcone e Trieste, tutti gli animatori e la Segreteria)
e …. nel 2006 a …….
INCONTRO REFERENTI e PROMOTORI DELL’8 OTTOBRE 2005
Sabato 8 ottobre 2005 a Bologna dalle ore 10 alle 16.30
presso le Suore Salesiane – via Jacopo della Quercia, 5 – tel. 051-356977
In questo incontro ci ritroveremo Referenti e Promotori assieme, perché la discussione sui ruoli nella Campagna e sulle nostre modalità di decisione sia condotta assieme e assieme si decida. Di seguito troverete il materiale di riflessione che vi proponiamo per preparare la discussione.
Gli argomenti su cui lavoreremo sono:
- Valutazioni sull’Incontro Nazionale e prospettive di lavoro per la Campagna
- Campagna: definiamo ruoli e modalità di decisione
- Sito (con la partecipazione di Marco)
- Operazione 400×2 , per rafforzare il peso politico del Rapporto Annuale e la diffusione dell’inserimento automatico dei bilanci mensili
- Valutazione della collaborazione con Altreconomia e delle modalità per proseguirla
- Iniziative per la Giornata del non Acquisto 2005, i Gruppi presentano i loro progetti.
Non dimenticatevi il cestino da viaggio con le leccornie!!!
TUTTI I BILANCISTI, NESSUNO ESCLUSO, E A MAGGIOR RAGIONE I REFERENTI DEVONO ASSOLUTAMENTE LEGGERE CON ATTENZIONE TUTTO IL MATERIALE SEGUENTE PER POTER PARTECIPARE EFFICACEMENTE AL CONFRONTO SUI RUOLI E LE MODALITA’ DI DECISIONE DELLA CAMPAGNA.
I REFERENTI SONO PORTATORI DELLE IDEE MATURATE NEL GRUPPO IN PROPOSITO.
MATERIALE DI RIFLESSIONE SULLA CAMPAGNA
Dal dicembre 2003 abbiamo iniziato una revisione della struttura della nostra Campagna, il processo si è sviluppato in modo a volte frammentario anche perché, per molti versi, noi abbiamo una non-struttura.
Come materiale di riflessione proponiamo un quadro dell’organizzazione attuale della nostra Campagna e due contributi sul metodo decisionale suggeriti da Antonella.
Elemento essenziale della Campagna Bilanci di Giustizia sono i nuclei famigliari: con le loro scelte quotidiane e con le pratiche politiche che attuano costruiscono i BdG cioè il cambiamento che vogliamo. Fondamentale la stesura e l’invio delle schede per la costruzione dei Rapporti Annuali.
I singoli nuclei si riuniscono nel Gruppo Locale, che è il secondo “mattone” della nostra struttura. Il gruppo consente lo scambio delle esperienze e degli obiettivi dei singoli nuclei, è un luogo dove si concretizza la convivialità bilancista. La caratteristica dei Gruppi è che non ce n’è uno uguale all’altro, l’immagine della nostra variegata realtà è stata delineata da un questionario i cui risultati sono stati pubblicati sulle lettere di Ferraio/Marzo e di Aprile 2005.
A coordinare il Gruppo Locale è il Referente, che è espressione del “mandato” che gli viene assegnato dal Gruppo Locale. Il Referente fa da centro di aggregazione per il Gruppo, e assicura il collegamento tra il Gruppo e la Campagna. E’ importante che questo collegamento sia mantenuto nei due sensi, dalla Campagna al Gruppo, per condividere le proposte comuni e per sostenere il centro di appartenenza, e dal Gruppo alla Campagna perché la Campagna procede anche facendo proprie le intuizioni e le elaborazioni che nascono nei Gruppi.
Uno dei momenti privilegiati per concretizzare tutto ciò è l’incontro del Gruppo dei Referenti, che diventa il luogo decisionale della Campagna.
Il Gruppo dei Promotori si occupa di proporre i temi di lavoro ai Referenti e alla Campagna, di cooperare all’Incontro Nazionale, della redazione del Rapporto Annuale, di organizzare l’incontro Referenti e dei rapporti della Campagna con l’esterno. Finora i Promotori sono stati chiamati a questo ruolo dalla Segreteria. Uno dei punti su cui interrogarci è: come scegliere i Promotori in modo tale che sia legittimato il loro ruolo?
La Segreteria Nazionale coordina le attività dei Referenti e dei Promotori, mantiene il collegamento tra tutte le famiglie, raccoglie le schede inviate e organizza la redazione del Rapporto Annuale, prepara la Lettera Mensile, collabora alla realizzazione dell’Incontro Annuale e cura i rapporti con la stampa per le iniziative che coinvolgono tutta la Campagna. Da un anno vi lavora una persona a partime – Caterina – che viene retribuita con il contributo annuale di 50 euro per famiglia bilancista.
IL METODO DEL CONSENSO E’ UN METODO BILANCISTA di PRENDERE DECISIONI
Non posso negare di essere un’entusiasta del metodo del consenso. Per questo ho sempre proposto di adottarlo, nelle decisioni che ci siamo trovati a prendere e vorrei proporre che – sia che diventiamo associazione o che rimaniamo campagna – diventi il nostro metodo decisionale. Consenso significa arrivare ad essere tutti sostanzialmente d’accordo su una proposta, una via da intraprendere, una soluzione ad un problema.
Non significa tuttavia essere sempre d’accordo su tutto e neppure dare il diritto di veto a ciascuno. Significa riconoscere a tutti il potere di esprimere il proprio pensiero attribuendo a ciascuno la responsabilità delle conseguenze della propria azione.
Il metodo prevede che su una certa questione, una volta che ci sia una maggioranza favorevole sia necessario ascoltare tutte le voci dissenzienti per capire che cosa di importante hanno da dire e, poco alla volta cercare di integrare le critiche/proposte nella decisione. È un metodo che richiede impegno e responsabilità, fiducia reciproca, voglia di partecipare e creatività. Tutte qualità che mi sembrano essere abbondanti tra i bilancisti.
Certo, va applicato alle decisioni che il gruppo ritiene sostanziali (e non a tutte le decisioni spicciole) e, secondo me, fa crescere i gruppi, libera l’energia creativa e porta a risultati duraturi. Richiede di essere imparato…provando.
Per questo propongo di farne oggetto di discussione tra bilancisti, e di provare a sperimentarlo, in famiglia (???), nei gruppi locali e nei momento di decisione comune (ad esempio la decisione che ci aspetta rispetto al diventare o meno associazione). Per saperne di più, per pensarci su e per cominciare a familiarizzare con esso, trovo che il testo di Maria Grazia di Rienzo sia molto adatto. Anche se è lungo, credo che valga la pena di leggerlo con cura.
Antonella
IL PROCESSO DEL CONSENSO E I SUOI VANTAGGI
di Maria G. Di Rienzo
Ci sono molti modi di prendere decisioni.
Può essere che qualche volta il modo più “efficiente” sia quello di lasciare che il capo, il leader, il direttore o il dittatore le prenda lui (o lei). Tuttavia l’efficienza, oltre ad essere un criterio ambiguo, non può essere l’unico presupposto per la valutazione. Quando si sceglie un metodo decisionale bisogna farsi due domande:
Si tratta di un processo equo?
Produce buone soluzioni?
Per giudicare il processo considerate i seguenti punti: l’incontro scorre in modo fluido? La discussione resta sul merito? Quanto tempo ci vuole per prendere le decisioni? La leadership determina comunque il risultato della discussione? Alcune persone non vengono considerate?
Per giudicare la qualità del risultato finale considerate questi altri punti: le persone che hanno preso la decisione, e le persone che dovranno porla in essere, sono soddisfatte del risultato? Fino a che punto ci si è avvicinati, mediante la decisione, all’intento originario? Le istanze sottostanti la decisione sono state esplorate? L’uso delle risorse, rispetto alla decisione, è appropriato?
Certo, il dominio può funzionare, ma l’idea di un dittatore benevolo o del leader illuminato, è solo un sogno (un brutto sogno). È assai meglio sognare ad occhi aperti e concretamente, coinvolgendo nel processo decisionale tutte le persone che in un modo o nell’altro avranno a che fare con la messa in opera della decisione e con i suoi effetti. In questo modo la decisione rifletterà la volontà dell’intero gruppo, e non solo dei leader. Le persone che dovranno lavorare in base alla decisione presa saranno più felici di fare il loro lavoro e lo faranno in modo più accurato. E per vedere bene, come dice il vecchio adagio, quattro occhi sono meglio di due, così come per pensare bene è meglio avere più teste.
Il processo del consenso (detto anche “consenso formale”) ha una struttura chiaramente definita: richiede un impegno alla cooperazione, un modo di discutere disciplinato in cui si parla e si ascolta, e il rispetto per il contributo di ciascun membro del gruppo. Allo stesso tempo, ogni persona ha la responsabilità di partecipare attivamente come individuo creativo all’interno della struttura.
Maneggiare male i conflitti (con il ritiro, il diniego, la repressione, l’aggressione) è molto “normale” durante le riunioni, ed usare un altro sistema può non essere agevole, all’inizio. Conflitti irrisolti, provenienti da precedenti incontri ed esperienze, possono irrompere nel processo e renderlo più difficile. Sarà la pratica ad aiutarvi a superare tali difficoltà, ed i benefici derivanti dalla partecipazione e dalla cooperazione di ciascun membro del gruppo valgono la pena di fare questo sforzo.
I critici del consenso dicono che esso porta via troppo tempo, e che è troppo complicato: il problema è che prendere decisioni complesse o che si riferiscono ad istanze controverse prende comunque tempo, al di là del processo decisionale scelto. Come qualsiasi altro processo, il consenso sarà inefficace ove il gruppo non voglia o non sappia seguire una determinata struttura di dialogo.
* Dinamiche di gruppo
Per definizione, un gruppo è un certo numero di individui che condividono una relazione unificante. Le dinamiche di gruppo create dal processo del consenso sono completamente differenti da quelle prodotte dalla regola del voto di maggioranza. Esse si basano su valori diversi, su linguaggi diversi, su tecniche e strutture diverse.
Per capire questo può essere utile esaminare insieme alcuni concetti generali:
1) Il conflitto: il consenso lavora al suo meglio in un’atmosfera in cui il conflitto (tenetevi forte…) è incoraggiato, e risolto cooperativamente mediante il rispetto, la nonviolenza e la creatività. Per il processo del consenso il conflitto è desiderabile, non viene evitato, minimizzato o negato.
2) Il voto di maggioranza e la competizione: quando si vota per prendere una decisione, la dinamica che si crea all’interno del gruppo è quella della competizione. Si vota per scegliere fra due (e raramente più di due) opzioni, ed è del tutto accettabile attaccare o svilire un altro punto di vista per promuovere il proprio. Spesso si vota dopo che una delle due parti (o entrambe) non ha rivelato nulla di sè ed ha speso tutto il tempo disponibile ad attaccare l’altra parte.
* Consenso e cooperazione
Il processo del consenso, invece, crea una dinamica di cooperazione. Si considera una sola proposta alla volta, ed ognuno lavora insieme agli altri/alle altre per prendere la decisione migliore per l’intero gruppo. Ogni preoccupazione viene espressa e risolta, tutte le voci vengono ascoltate. Quando le proposte non vengono considerate “proprietà” di chi le enuncia, idee e soluzioni vengono create molto più facilmente.
*Il consenso è la forma meno violenta di processo decisionale che conosciamo
La teoria nonviolenta sostiene che l’uso del potere come dominio è violento e indesiderabile. La nonviolenza si aspetta che le persone usino il loro potere per persuadere senza coercizione e malizia, usando la verità, la creatività, il rispetto, l’amore. Il sistema di voto a maggioranza accetta, e persino incoraggia, l’uso del potere per dominare gli altri. Lo scopo è vincere la votazione, spesso ignorando altre scelte che sarebbero migliori per l’intero gruppo. La volontà della maggioranza soprassiede alle preoccupazioni ed ai desideri della minoranza. Il consenso si sforza invece di tenere in conto preoccupazioni e desideri di ciascuno/a, e di discuterne prima di arrivare ad una decisione.
* Il consenso è la forma più democratica di processo decisionale che conosciamo
I gruppi che desiderano coinvolgere quante più persone possibile hanno necessità di usare processi inclusivi. Se attrarre e coinvolgere un largo numero di individui viene considerato importante, allora il processo decisionale deve garantire eguale accesso al potere, sviluppo della cooperazione, creazione di un senso di responsabilità individuale rispetto alle azioni del gruppo. Lo scopo del consenso non è di selezionare le opinioni, ma di sviluppare una decisione che tutto il gruppo consideri la migliore: è evoluzione, non competizione né attrito.
* Il consenso è desiderabile e praticabile in gruppi numerosi
Se la struttura del dialogo non è definita, le decisioni sono difficili da raggiungere, e questa difficoltà aumenta tanto più vasto è il gruppo che deve prenderle. Il consenso è la risposta giusta per i gruppi numerosi: ha linee guida che consentono di maneggiare produttivamente gli incontri, di facilitare la discussione, di risolvere i conflitti e di raggiungere una decisione. Non solo: funziona al suo meglio quanta più gente vi partecipa.
Durante la discussione, le idee nascono l’una dall’altra, in quella dinamica conosciuta come “interazione creativa” delle idee. La creatività gioca un ruolo importante nella ricerca di quale sia la decisione migliore per l’intero gruppo, e più persone sono coinvolte in questo processo di cooperazione, più idee e possibilità vengono alla luce.
* Il consenso non prende più tempo di altri metodi
Il processo decisionale comincia con un’idea e termina con l’implementazione effettiva della decisione. Se è vero che in un processo autoritario quella decisione può essere presa rapidamente, è altrettanto vero che la sua attuazione prenderà del tempo.
Quando una sola persona (o poche persone) prende decisioni per un gruppo più vasto, non solo la decisione deve venire comunicata a tale gruppo, ma deve essere giudicata da esso “accettabile”, altrimenti la sua implementazione dev’essere forzata. Questo prende certamente tempo, e spesso anche molto tempo. Se invece ciascuna delle persone coinvolte nell’attuazione della decisione ha partecipato al suo formarsi, la decisione non ha necessità di essere comunicata, né la sua implementazione di essere imposta coercitivamente. Il formarsi della decisione può aver preso più tempo, ma il suo diventare azione concreta avverrà in modo assai più rapido.
La maggiore o minore velocità nel prendere decisioni non dipende dal processo decisionale usato, bensì dalla complessità dell’istanza o della proposta che si sta discutendo. Naturalmente il consenso richiede pazienza, ma nessun processo decisionale funziona senza una generosa offerta di pazienza da parte dei partecipanti.
*Il consenso non può essere controllato o manipolato dall’esterno
Questo può non essere un problema per alcuni gruppi, ma chi lavora per il cambiamento sociale sa bene che molte aggregazioni vengono inquinate e distrutte da processi non democratici portati al loro interno. Per contrastare tale pericolo, c’è la necessità di sviluppare ed incoraggiare un processo decisionale che non possa essere controllato “segretamente” o manipolato. Il consenso è proprio questo tipo di processo. Poiché i suoi assunti di base sono cooperazione e volontà di venirsi incontro, è sempre appropriato chiedere una spiegazione su come e perché la tal proposta sarebbe la cosa migliore per il gruppo; inoltre, i comportamenti distruttivi non hanno spazio nel processo, e non vengono tollerati.
* Come si forma una decisione
La decisione viene adottata quando tutti i partecipanti consentono rispetto al risultato della discussione sulla proposta originaria. Le persone che non sono d’accordo sono responsabili dell’esprimere le loro contrarietà o perplessità. Nessuna decisione viene presa finché contrarietà e perplessità non sono risolte. Se esse rimangono, anche dopo essere state discusse, il gruppo può “accordarsi sul fatto di essere in disaccordo” e chi le ha espresse può consentire comunque a che la decisione venga presa. Ricordate che raggiungere il consenso non significa che ognuno deve essere perfettamente d’accordo con tutti gli altri: sarebbe uno scenario assai improbabile per un gruppo di individui intelligenti e creativi.
* Il consenso deve essere insegnato
Il consenso sta lentamente diventando “popolare”, come forma di processo decisionale democratico, anche in Italia. Tuttavia, poche delle organizzazioni che dicono di usarlo sanno farlo in modo consistente: esso continua ad essere vissuto come processo vago ed informale. In genere, la risoluzione cooperativa e nonviolenta dei conflitti non è una cosa di cui le persone fanno esperienza nelle loro vite quotidiane, ed è perciò irragionevole aspettarsi che il processo del consenso sia loro immediatamente familiare: l’abilità nel prendere decisioni in modo diverso è costretta a nascere e a svilupparsi in un ambiente assai competitivo.
Nondimeno, se desideriamo un futuro per noi stessi ed il pianeta, abbiamo la responsabilità di imparare a vivere insieme risolvendo i nostri conflitti in modo nonviolento e prendendo le nostre decisioni consensualmente; abbiamo la responsabilità di apprendere a valutare le differenze, a rispettare tutta la vita non solo su un piano fisico, ma sui piani emozionale, intellettuale e spirituale.
*Le regole del consenso
Come vedrete esaminandone la struttura, il consenso non è un metodo inflessibile: ci sono in esso passaggi che il vostro gruppo modificherà a seconda delle proprie caratteristiche. Alcune regole di base, comunque, sono indispensabili:
- Quando una decisione viene adottata per consenso, non può essere cambiata se non raggiungendo nuovamente il consenso;
- Si parla uno alla volta, per il tempo che si è deciso ognuno abbia a disposizione;
- Tutte le decisioni riguardanti il “merito” (l’agenda del gruppo, la composizione del gruppo, le proposte, le azioni), vengono prese per consenso dopo discussione: si può ovviare alla discussione, pur chiedendo il consenso, sulle decisioni “strutturali” (che ruoli ci servono, chi li ricopre, dove reperiamo il materiale).
LA STRUTTURA DEL CONSENSO
Quella che sto per illustrarvi prevede come primo cardine la separazione fra l’identificazione e la risoluzione dei problemi. Può darsi, se nel vostro gruppo nessuno ha difficoltà a dire ciò che pensa, che questo passo non sia per voi necessario; il suo scopo è fornire l’opportunità di esprimersi a tutti, anche a coloro che non si sentono (parzialmente o del tutto) “autorizzati” a partecipare. La struttura ha tre livelli, o cicli di discussione.
Nel primo, si permette a ciascuno di esprimere la propria prospettiva, incluse perplessità e contrarietà, ma senza tentare di risolverle.
Nel secondo, il gruppo si concentra sull’identificare i problemi posti dalle perplessità e contrarietà, ancora senza cercare soluzioni per essi. Questo, com’è ovvio, richiede disciplina. Commenti reattivi, persino quelli divertenti o “leggeri”, possono sopprimere le idee creative degli altri.
Fino al terzo livello, la struttura non comincia ad esplorare le possibili soluzioni.
Ogni livello ha uno scopo: nel primo, esso prevede una discussione ampia, ove si considerano le informazioni a disposizione, le considerazioni generali, e persino le implicazioni politiche e filosofiche della proposta. A questo livello, la centratura è sulla proposta come “intero”.
Al secondo livello, lo scopo della discussione è ristretto alle perplessità ed alle contrarietà: esse vengono pubblicamente mostrate, scritte in una lista su lavagna o fogli, il che permette a ciascuno di visualizzarle più chiaramente. L’attenzione è sulla loro natura, e sul raggruppamento di quelle che sono simili o affini. Al terzo livello, lo scopo della discussione è ancora più ristretto: si limita ad esaminare ed esplorare una singola “obiezione” alla volta, fino a risolverla.
- Livello uno: discussione aperta
In questa fase, si incoraggiano i commenti che investono la proposta sul tavolo nella sua interezza, come istanza “generale”: ad esempio, quali saranno i vantaggi per il gruppo se l’idea diverrà decisione consensuale, quali saranno i suoi effetti futuri, che tipi di precedenti tenderebbe a creare, eccetera. Incoraggiate l’interazione creativa dei commenti e delle idee, la condivisione di informazioni. Quando preoccupazioni vengono espresse, prendetene nota, ma non permettete che divengano il centro della discussione: per chi già dall’inizio non considera buona l’opzione, questo è il momento in cui può vederne i lati positivi, e per chi già dall’inizio la considera valida, è il momento per riflettere più ampiamente su di essa. Se vi sembra che vi sia una generale approvazione, o una generale disapprovazione rispetto all’idea prospettata, potete chiedere il consenso.
- Chiedere il consenso
Il facilitatore/la facilitatrice chiede: “Ci sono perplessità che non sono state espresse?”. Dopo un periodo di silenzio, se nessun commento si aggiunge alla lista, egli/ella chiederà se si vuole procedere con l’analisi dettagliata della proposta nelle due fasi successive, o se essa “muore” qui (e anche questo è possibile). Come avrete notato, egli/ella non ha posto, come prima domanda: “Abbiamo il consenso?”, né “Siamo tutti d’accordo?”, perché queste domande non incoraggiano ad esprimere dissenso. Se c’è una persona timida, o che è intimidita dal forte sostegno che la proposta in discussione sembra avere, chiedere “Ci sono perplessità che non sono state espresse?” le fornirà un’opportunità per parlare. In questa fase, ogni preoccupazione o perplessità relativa alla proposta viene scritta di fianco ad essa, e ne diviene parte integrante.
- Livello due: identificare le preoccupazioni
All’inizio di questo secondo livello, viene usato il tipo di discussione detto “brainstorming” o “tempesta di idee”, al fine di identificare le preoccupazioni e le perplessità che verranno scritte visibilmente su fogli o lavagna e trascritte da chi ha il compito di prendere le note. Questo non è il momento di tentare di risolvere le preoccupazioni o di determinarne la validità, è il momento in cui si esprime tutto ciò che può destare perplessità, sia esso ragionevole o meno, si tratti di un particolare su cui si è riflettuto molto o di un sentimento vago. Chi facilita interromperà ogni commento che tenti di difendere la proposta, di risolvere un problema, di giudicare le preoccupazioni espresse, o che neghi e delegittimi i sentimenti e i dubbi altrui. A volte, il semplice poter esprimere una preoccupazione e vederla scritta aiuta a risolverla. Dopo che tutte le preoccupazioni sono state scritte, prendetevi un momento per riflettere su di esse come “insieme”.
- Raggruppare le preoccupazioni affini. A questo punto, la concentrazione va all’identificare schemi e relazioni fra le preoccupazioni espresse. Questa è di solito una fase molto veloce, in cui ancora non ci si ferma a riflettere su come risolvere nessun problema in particolare.
- Livello tre: risolvere le preoccupazioni
Affrontare un gruppo di problemi correlati, e tentate di risolverlo.
Rimuovete dalla lista i gruppi che sono stati totalmente risolti. Chiedete sempre il consenso, nel modo che ho spiegato prima, per ogni rimozione.
Continuate a discutere sulle preoccupazioni che restano. Esse verranno ribadite brevemente e chiaramente, e ne verrà affrontata una alla volta. (Può accadere, in questa fase, che nuovi dubbi vengano espressi) Ognuno/a di voi è responsabile di esprimere con onestà ciò che pensa: fare altrimenti, nel tentativo di essere simpatici o di non urtare nessuno, mina la fiducia nel gruppo e la capacità del gruppo stesso di discutere proficuamente.
- Fare domande. Chi facilita, chiede di volta in volta se vi sono domande o commenti che potrebbero aiutare a chiarire ulteriormente il problema che stiamo affrontando.
- Discussione limitata al risolvere una sola questione. Mantenete la discussione centrata sul problema che state tentando di risolvere, annotando ogni suggerimento.
Se c’è un particolare punto che non trova soluzione, o se il tempo che avete deciso di spenderci è del tutto trascorso, muovetevi verso una delle opzioni di chiusura descritte di seguito, dopo aver chiesto il consenso.
- Conferire il potere di maneggiare la questione ad un “comitato” Se la decisione sulla proposta può attendere fino a che l’intero gruppo si incontrerà di nuovo, potete chiedere ad alcuni di voi di formare un “comitato” che si riunirà per chiarificare ancora le preoccupazioni irrisolte e fornire ad esse nuove e creative soluzioni. È una buona idea includere in questo sottogruppo coloro che hanno espresso le maggiori preoccupazioni, assieme a coloro che sono i più entusiasti della proposta così com’è.
- Adottare la decisione mantenendo le preoccupazioni irrisolte Se qualche preoccupazione è stata pienamente discussa ma ancora non si riesce a risolverla, chi facilita chiederà alle persone che l’hanno espressa se vogliono lo stesso che la proposta vada avanti: è importante capire che non si sta chiedendo di cancellare i dubbi che non hanno avuto soluzione; in effetti, a questo punto, essi diventano parte dell’intera decisione. Saranno sollevati di nuovo, e meriteranno di nuovo tutta la nostra attenzione: quello che chi facilita chiede è se la decisione può essere presa nonostante il loro permanere.
- Dichiarare il blocco. Dopo aver speso il tempo che avete prestabilito muovendovi attraverso i tre livelli della discussione nel tentativo di raggiungere il consenso, ed aver verificato che le opzioni 1 e 2 non sono praticabili, dovete prendere atto che le obiezioni non risolte sono profonde, e che la decisione è bloccata. Ovvero, il consenso non è raggiunto, e la proposta non viene accettata. A questo punto potete muovervi verso il prossimo punto in agenda.
Un ultimo consiglio utile
Se desiderate adottare questo metodo decisionale vi aiuterà molto, come primo passo, il creare una “carta d’intenti” per il vostro gruppo. Essa descriverà i vostri scopi comuni e i vostri valori, includendo in essi il metodo decisionale che avete scelto. I seguenti sono i princìpi che stanno alla base del consenso, quelli che incoraggiano partecipazione e condivisione.
1. Fiducia
Senza di essa non vi saranno né cooperazione né risoluzione nonviolenta dei conflitti. Perché la fiducia possa fiorire è desiderabile che vengano riconosciute le differenze presenti nel gruppo, che vi siano riconoscimento ed apprezzamento per ognuno, che vi sia l’apertura alla conoscenza dell’altro e l’attitudine all’ascolto. Non è necessario che diventiate amici, ma è indispensabile che possiate fidarvi l’uno dell’altro.
2. Rispetto
Le persone si sentono rispettate quando vengono ascoltate, quando non vengono interrotte, quando quello che dicono viene preso sul serio. L’identico rispetto per le preoccupazioni emotive e per quelle “logiche” forma l’ambiente adatto per raggiungere il consenso. Cercate anche di distinguere sempre le persone e le azioni: c’è differenza fra lo stigmatizzare l’atto che ha causato un problema e considerare la persona che ha compiuto quell’atto un errore in se stessa.
3. Unità di intenti
Ovvero una comprensione di base, condivisa, degli scopi verso cui il gruppo si muove. Naturalmente vi possono essere molte diverse opinioni sul come raggiungere tali scopi, ma dev’esserci anche un comune punto di partenza, riconosciuto ed accettato da tutti.
4. Impegno nonviolento
Non basta dire che siete amici della nonviolenza, o che essa è menzionata in qualche documento del vostro gruppo. Prendere decisioni in modo nonviolento significa che voi rispetterete effettivamente le differenze e coopererete con altri: questo è il potere che avete. Dinamiche di dominio come il controllo dei processi di gruppo (perché siete fra i fondatori, perché la vostra associazione è più grande delle altre, perché chiedete di continuo “maternage” alle donne del gruppo…) rendono impossibile il consenso. Dire la vostra verità è la grande forza che il metodo del consenso vi offre di mettere in gioco per convincere gli altri.
5. Autostima
È molto facile conferire ad esperti o a personaggi autorevoli il potere di prendere decisioni al posto nostro: e veniamo sovente incoraggiati a comportarci in tal modo. Se, come membri del gruppo che ha adottato il consenso quale metodo decisionale, delegate la vostra autorità ad altri, intenzionalmente o no, state respingendo la vostra parte di responsabilità per le decisioni collettive. Il metodo del consenso incoraggia e necessita l’autostima delle persone. Ognuno può esprimere preoccupazioni, ognuno cerca soluzioni creative, ognuno è responsabile del risultato finale. Poiché il consenso è un processo di dialogo trasformativo, e non una competizione, tutto quello che dite sinceramente è importante.
6. Cooperazione
Per nostra sfortuna, la cultura in cui viviamo è satura di un’altra parola: competizione. Se un bell’argomento vincente è più importante del raggiungimento degli scopi del gruppo, la cooperazione è assai difficile, se non impossibile. La cooperazione è responsabilità condivisa: le decisioni migliori sorgono spesso da un aperto e creativo scambio di idee; inoltre, le idee offerte nello spirito della cooperazione aiutano a risolvere i conflitti.
7. Pazienza
Non si può correre verso il consenso. Non lo si può spingere o forzare. Il suo fluire costante, però, produce effetti stabili, risultati concreti. Tenete presente questo, quando vi sono situazioni difficili che richiedono più tempo del solito: il consenso è possibile solo quanto ogni individuo agisce in modo paziente e rispettoso degli altri.
Maria G. Di Rienzo intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell’Università di Sidney (Australia); è impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarietà e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza; è coautrice dell’importante libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003
RAPPORTO ANNUALE 2004
A Lignano abbiamo presentato il Rapporto Annuale 2004, oltre ai molti dei dati significativi confermati già nei Rapporti precedenti, abbiamo avuto una ulteriore riduzione dei consumi, accompagnata però da indicatori elevati di valutazione della qualità della vita. Altre novità di quest’anno sono il dato sulle ore lavorative retribuite e il raffronto tra i dati di chi compila il bilancio mensile da più di tre anni e i bilancisti “più recenti”.
Il Rapporto Annuale è in vendita a 3 euro, non perdete le occasioni per metterlo in vendita!
L’8 ottobre distribuiremo ai Gruppi il numero di copie del Rapporto che i Referenti prenoteranno nel frattempo.
La vendita del maggior numero di copie è necessaria per coprirne le spese di stampa che sono state affrontate
400 x 2
A Lignano abbiamo lanciato la Campagna 400×2 , cioè la ricerca di 400 famiglie bilanciste volontarie disposte a compilare le schede per 2 anni.
Questa impegnativa proposta nasce dall’osservazione che le famiglie che inviano le schede per fornire i dati per il Rapporto Annuale sono in diminuzione. Sappiamo tutti come compilare il bilancio mensile sia impegnativo, ma crediamo che proprio oggi, in cui molto si parla di decrescita, il segno politico che vuole dare Bilanci di Giustizia sia più che mai attuale. Questo segno si concretizza nella redazione del Rapporto Annuale che presenta, dati alla mano, le scelte di giustizia che possiamo compiere quotidianamente e prova come la decrescita e la sobrietà siano possibili e anche felici.
Per rafforzare questa segno è necessario che i dati che presentiamo coinvolgano un numero significativo di nuclei famigliari.
Aspettiamo le adesioni!!!!!
ULTIMISSIME SUL SITO
Vogliamo darvi alcuni aggiornamenti sul nostro sito, attualmente è ancora “congelato” sulla pagina dell’Incontro Annuale, ma Marco ci assicura che al più presto tutto tornerà a funzionare:
Oggi come oggi il sito sta abbastanza bene, è discretamente navigabile dal mio pc.
E’ prevista la sua riapparizione prima dell’autunno, sto mettendo il turbo a tutte le cose in sospeso.
Breve cronistoria: nel bel mezzo del finire di maggio il server di Unimondo va a carte quarantotto. Per una serie di motivi si decide di abbandonare gli amici di Unimondo e si aprono trattative serratissime con gli amici lillipuziani, che si dimostrano disponibili ad accettare il nostro sito. Ci sono state quindi pratiche telematiche, tecniche e burocratiche per poter spostare il sito e per poter far apparire la miserrima pagina dell’Incontro Nazionale giusto in tempo per avere 600 iscritti all’Incontro (e meno male che il sito non funzionava 🙂 ). Nel bel mezzo di agosto, mentre il sottoscritto stava ricostruendo i pezzi del sito andato distrutto nelle disavventure del server unimondiano, sono usciti gli aggiornamenti dei due componenti principali del sito. Per cui, proprio come la tela di Penelope, ho “ricominciato” a risistemare il sito aggiornando tutto il possibile, travasando, cucendo e cucinando. E’ per questo che non mando messaggi in lista 😛 .
A prestissimo e spero che il sito “reloaded” sia di vostro gradimento.
INCONTRO GRUPPO ENERGIA
Il lavoro sull’Energia non si è concluso con Lignano, il Gruppo Energia riprende sabato 24 settembre, a Verona nella sede di Legambiente in via Bretoni, 4 (da confermare). Si inizierà alle 10,00 per terminare verso le 13,00 con il pranzo condiviso.
Gli argomenti da trattare sono i seguenti:
- variazioni e spiegazioni per la scheda consumi (il termine per la compilazione è stato prorogato a fine dicembre)
- come organizzare la banca dati delle schede “censimenti”
- problema finanziamento interventi risparmio energetico
- spiegazione composizione bollette energia e gas da fornire ai bilancisti
- pacchetto di proposte risparmio energetico per condomini, amministrazioni, ditte
- altri argomenti che avete in mente
Chi fosse interessato a partecipare lo comunichi a Emanuele (paolaemanu(punto)san(at)lillinet(punto )org ) anche per avere conferma del luogo.