REFERENDUM
Abbiamo vissuto tutti intensamente i giorni e i mesi precedenti alla votazione dei Referendum per acqua,nucleare,legittimo impedimento.
I risultati hanno chiaramente espresso ciò che la maggioranza degli italiani desidera per il futuro e per il bene comune. Sarà ora la sfida più grande: mantenere salda questa prospettiva, sia per le istituzioni che per noi cittadini.
Ecco il contributo nel racconto di amici bilancisti.
Referendum
Stavolta l’ho sentita come una campagna, una battaglia, importante, ma soprattutto mia. Non solo perché avevo sottoscritto durante la raccolta firme, del resto l’avevo fatto già altre volte per altri temi che consideravo altrettanto importanti. Ma perché come bilancista erano anni che avevamo affrontato il tema dell’acqua, pubblica e libera dal dominio delle multinazionali del settore.
Dal mese precedente la data della consultazione ho provveduto a installare sui balconi di casa 4 bandiere, altre le ho regalate a parenti e amici che le hanno esposte a loro volta. Ho volantinato più volte nel palazzo, nel quartiere e addirittura in ufficio.
Il giorno fatidico alle 8.15 avevo già votato e mi è piaciuto che in tanti avevano avuto la mia stessa idea. Votare presto e in tanti per dare un segnale forte e importante.
Quando il lunedì alle 15 ho saputo che era stato raggiunto il quorum ero in ufficio, mi sono sentito meno solo e l’impegno del passato è stato solo un bel ricordo, ma soprattutto una gran bella soddisfazione, sancita subito da qualche messaggio telefonico con amici, guarda caso quasi tutti bilancisti.
Pierstefano Durantini di Roma
La nostra battaglia per l’acqua
C’è stato un momento in cui ci siamo guardati negli occhi e abbiamo capito che non c’era scelta: dovevamo buttarci, tentare il tutto e per tutto, mettere da parte ogni altro interesse e concentrarci su un unico obiettivo: parlare dell’acqua a 25 milioni di italiani e portarli a votare!
La sfida è stata appassionante: il nostro comitato in molti momenti è diventato come una famiglia allargata.
“Uscire insieme dai problemi, questa è la politica”, diceva don Lorenzo Milani. E noi lo abbiamo
sperimentato, con la consapevolezza che fosse l’unica strada percorribile: ognuno doveva emanciparsi, ma soltanto insieme potevamo portare avanti questa battaglia.
E, da subito, abbiamo avuto la sensazione che stavamo davvero scrivendo una pagina della storia. La scrivevamo riga per riga, lettera per lettera, sudando per ogni parola conquistata, riprendendo fiato solo ad ogni punto fermo. Abbiamo dovuto imparare a fare tutto, quasi nessuno del gruppo aveva esperienza di campagne elettorali: quindi necessariamente ognuno di noi è cambiato, abbiamo imparato a dialogare, ad esprimerci e ad ascoltare, abbiamo rafforzato i nostri strumenti critici e studiato contenuti nuovi. La necessità ci ha fatto vincere gli indugi, dandoci l’entusiasmo per buttarci a fare cose che mai avremmo pensato di saper fare!
Abbiamo imparato che cos’è il bene comune, e abbiamo avuto tutti molto chiaro che il bene comune va difeso. E difenderlo è stata un’esperienza estenuante, formativa, una sorpresa continua!
Durante questi mesi la nostra coppia è stata messa un po’ alla prova, ma siamo riusciti a mettere in pratica le cose che abbiamo imparato: stare zitti, aspettare, ascoltare, avere fiducia, essere solidali. Abbiamo imparato anche a gestire meglio il nostro tempo, abbiamo praticato l’essenzialità, per sopravvivere come coppia abbiamo eliminato tanti fronzoli in realtà inutili, conservando gelosamente quello che ci permetteva di sopravvivere. Abbiamo imparato a convivere con il panico, riuscendo a gestirlo, senza farci sopraffare.
Sì, perchè ci sono stati anche momenti di sconforto, quando incontravamo gli scettici, i disillusi, i
menefreghisti, o quelli che remavano contro, quelli che, per citare Emilio Molinari, ragionano come contabili anziché come esseri umani. C’è stato il confronto con la frustrazione, quando credevamo di avere qualcuno al nostro fianco e invece scoprivamo che non era con noi.
Ma anche lo stupore e la sorpresa per i “piccoli atti rivoluzionari” di qualcuno di loro: la bandiera alla finestra della mamma, il manifestino appeso in macchina di papà, le telefonate della nonna per convincere le amiche ad andare a votare: erano tutti piccoli segnali, come il giorno che siamo stati a trovare un anziano amico in ospedale, e usciti fuori, ci siamo abbracciati tra lacrime di tristezza e di fatica, e girandoci verso la città, dal terrazzo di un palazzo è comparsa una bandiera – la prima! – dell’acqua… e subito abbiamo sorriso, a questo grande segnale di speranza e di incoraggiamento!
E quando persino dall’Uruguay ci hanno telefonato per dirci che, diversamente dalle altre elezioni, questa volta avevano l’urgenza di andare a votare contro la privatizzazione dell’acqua in Italia, abbiamo capito che davvero un mondo si stava muovendo, e noi eravamo parte di questo cambiamento!
Stavamo manifestando la nostra umanità, difendendo i nostri diritti e quelli dei nostri futuri figli. E abbiamo costruito qualcosa che andrà ben oltre il risultato del referendum: è stata un’esperienza sociale, comunitaria, che ci ha insegnato tantissimo e ci ha lasciato una carica di entusiasmo e di fiducia nel lavorare insieme, che sarà la nostra forza nella lunga lotta che ancora ci aspetta in difesa dei beni comuni e dei diritti di tutti.
Daniela e Cristiano di Genova
In questo numero:
_Prima la pratica!
_Programma dell’Incontro Annuale
_Chi sono i relatori
_I Referendum vissuti dai Bilancisti
_Un Bilancista a Lampedusa:Ellis Island italiana (II parte)
PRIMA LA PRATICA
I referenti hanno proposto di iniziare l’Incontro Annuale, diversamente dalle volte scorse, in modo conviviale e creativo. Staremo fianco a fianco con le persone che non vediamo da tempo per riannodare, con il cuore e le mani, le amicizie e le esperienze vissute. La CONDIVISIONE di un lavoro manuale insieme ci farà sperimentare la costruzione di un risultato comune e condivisibile. Ci EDUCHERA’ a stare insieme e ci prepareremo a capire come la COSTITUZIONE può mostrarci il percorso per promuovere il bene comune.
Siete pronti a vivere la mattinata di venerdì 26 agosto, in un clima di convivialità, a creare insieme con cuore, mani e testa? Avremo bisogno di pezzi di stoffa di recupero di vari colori,carta colorata, nastri, cordini, spago, bottoni… portateli con voi da casa ed anche ciò che la fantasia vi suggerisce. Non vogliamo svelarvi tutti i particolari… ogni tanto le sorprese possono stupire!
PROGRAMMA
GIOVEDI 25
ore 18 . Accoglienza dei partecipanti
ore 21. In Plenaria “Presentazione del tema dell’Incontro”
VENERDI 26
ore 10-12.30 Prima la Pratica
Creiamo insieme tra amicizia e lentezza
ore 15-16 “Educazione dell’adulto alla Democrazia” – Achille Rossi
ore 16.30- 17.30 Condivisione in gruppi
ore 21 Spettacolo
SABATO 27
ore 9.30-10.30 “La Costituzione si sviluppa nella politica e nell’economia locale”
Prof.ssa Donata Borgonovo
ore10.45- 12.30 Condivisione in gruppi
ore 15-17 Laboratori
ore 19 Celebrazione Eucarestia
ore 21 Balli
DOMENICA 28
ore 9- 9.15 Plenaria: “La situazione della Campagna”
vista dai Promotori
ore 9.30-11 Lavoro in gruppi “Come vediamo la Campagna”
ore 11-12.30 Plenaria ” I nuovi obiettivi della Campagna”
presentati dai Promotori
I RELATORI
Achille Rossi, già nostro ospite all’Incontro Annuale 2006, è sacerdote e attualmente parroco a Santa Maria e San Giuliano a Riosecco, popoloso quartiere alla periferia nord di Città di Castello (Perugia), dove ha avviato nel 1971 l’esperienza del Doposcuola, ispirandosi al modello di Don Milani ( Alessia Bartolini ha scritto nel 2007 il libro “Nel cerchio delle relazioni”, edito da “l’altrapagina”).Oltre che in teologia, è laureato anche in filosofia. E’ responsabile della casa editrice “L’altrapagina” e redattore dell’omonima rivista mensile, di cui cura i dossier tematici su politica, economia e cultura.
Don Achille è il più grande esperto italiano del pensiero del filosofo francese Maurice Bellet (del quale ha contribuito a tradurre in italiano svariate opere), nonché uno dei maggiori esperti del pensiero di Raimon Panikkar, Tiene conferenze in giro per il Paese sui temi della decrescita, dello sviluppo sostenibile e della condizione esistenziale dell’uomo nella società di mercato.
Borgonovo Donata
Ricercatrice di istituzioni di Diritto Pubblico, è docente di “Diritto degli Enti locali” alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento e docente presso l’Università della terza età e del tempo disponibile di Trento. In passato ha ricoperto alcuni ruoli pubblici, rivestendo in particolare la carica di Assessore tecnico con delega al personale, alla riorganizzazione e ai rapporti con i cittadini presso il Comune di Trento (giugno 1995 – giugno 1999) e di Difensore civico della Provincia autonoma di Trento (febbraio 2004 -giugno 2009). Dal maggio 2009 è Presidente della Cooperativa di solidarietà sociale “Villa S. Ignazio” di Trento. Le attività di ricerca e di studio attualmente in corso riguardano i temi delle pari opportunità, dell’educazione alla democrazia, della partecipazione dei cittadini alla vita pubblica locale, con particolare attenzione alla partecipazione dei cittadini stranieri. Ha svolto (e tuttora svolge) sul territorio attività di formazione sia per Enti pubblici, sia per Associazioni di cittadini
Un Bilancista a Lampedusa:Ellis Island italiana (II parte)
Per motivi di spazio nella precedente Lettera non abbiamo pubblicato la continuazione del Reportage di Pierstefano. Vi invitiamo a rileggere la prima parte e di seguito riprendere questa parte conclusiva. L’emergenza non fa più notizia, ma le vite di queste persone migranti sono ancora percorse dalla sofferenza.
Gli sbarchi sono aumentati così tanto, che le forze dell’ordine non portano più gli stranieri nel centro d’accoglienza, ormai stracolmo e allora essi rimangono nell’area commerciale del porto e nei locali della stazione marittima, divenuti presto saturi. Allora ognuno si arrangia come può all’aperto e con quei quattro stracci che si è portato dietro oppure con gli abiti e le coperte fornite dalla cooperativa che gestisce il centro d’accoglienza. Ma è chiaro che nonostante gli sforzi di tutti, Forze dell’Ordine, Croce Rossa, Vigili del Fuoco, Guardia Costiera e volontari, diviene ogni giorno più difficile gestire questa marea umana, che ha ormai ampiamente superato le cinquemila unità, più della popolazione stessa residente a Lampedusa.
I cittadini sono preoccupati stavolta, sono esasperati e si sentono abbandonati. Eppure loro sono abituati da anni ad accogliere i migranti, è una popolazione semplice quella di Lampedusa, ma molto generosa con questi ragazzi venuti dall’Africa, non è raro infatti assistere a scene di questo tipo, un anziano sulla porta di casa sua che offre il caffé a un paio di ragazzi fermatisi davanti la sua abitazione. Stavolta però gli abitanti hanno ben chiaro che la situazione è sfuggita di mano e che non è solo una questione di ordine pubblico. Manca infatti la politica, quella con la P maiuscola, la stessa P di programmazione, di cui non c’è alcuna traccia.
Allora è facile ascoltare in un bar due donne che discutono tra loro dicendo: «…ma la nostra è un’isola per gli extracomunitari o per la pesca e il turismo? Perché non li mandano a Pantelleria? Oppure perché non mettono qualche nave al largo per ospitarli tutti?». E l’altra che ribatte: « …gli stranieri ci sono sempre stati qui, così come nel resto d’Italia e d’Europa, dobbiamo abituarci, ormai è così.» Forse questa riflessione è giusta, denota che il problema è molto più ampio, del resto fin quando, così come descritto dalle statistiche fornite dagli organismi internazionali, il 20% della popolazione mondiale si approprierà dell’80% delle risorse mondiali e oltre un miliardo di persone sopravviverà con meno di un dollaro al giorno, questo flusso dal sud in via di sviluppo non si fermerà, anzi crescerà sempre più. Ma prova a spiegarlo ai lampedusani, infatti un altro mi dice: «…ormai pare che a Roma il Governo voglia trasformare l’isola in un grande campo profughi, anzi una prigione a cielo aperto. Qui si può fare il primo soccorso, ma non siamo attrezzati per la lunga permanenza. Il Governo è ostaggio della Lega Nord, che ha già strumentalizzato abbastanza Lampedusa facendola divenire un falso simbolo della lotta dura all’immigrazione. Qui è una polveriera, possibile che il mega incendio del 2009, che distrusse parte del centro d’accoglienza, non abbia insegnato nulla? Servono urgenti e ampi trasferimenti dei migranti con mezzi aerei e navali.». Come dargli torto? Eppure i trasferimenti avvengono, ma sono troppo pochi rispetto agli arrivi sempre più incessanti, è come svuotare il mare col cucchiaino.
Il lavoro di Polizia, Carabinieri ecc. è tanto e non agevole, i turni a cui sono sottoposti coloro che rappresentano lo Stato in questo lontano angolo d’Italia sono massacranti, ma tutti cercano di non perdere mai la pazienza, anche quando la tensione sale, per esempio quando è l’ora dei pasti o quando nessuno dice ai migranti quale sarà il loro destino e quando finalmente partiranno.
Parlare con un rappresentante di Frontex, l’agenzia europea per il controllo sulle frontiere, ci rende un po’ più orgogliosi di essere italiani, egli, infatti, loda il comportamento degli operatori di polizia – ho notato un modo umano, ma professionale e rispettoso nei confronti degli stranieri – dice – per esempio quando avviene il fotosegnalamento e l’identificazione tramite le impronte digitali, un modo di rapportarsi con l’immigrato diverso e certamente migliore rispetto agli spagnoli o ai greci, dai modi sicuramente più spicci e bruschi.
Infatti, nessun migrante si lamenta del comportamento delle forze dell’ordine, molti cercano il confronto con loro e fa sorridere, ma rende bene l’idea di quanto questi ragazzi siano spaesati e inconsci del loro destino, ascoltare più di uno chiedere all’agente di Polizia di turno dov’è la stazione ferroviaria o addirittura la metropolitana per andare a Marsiglia o a Parigi. Si, perché non tutti vogliono rimanere in Italia e parlandoci diviene chiaro che tanti vorrebbero andare all’estero, soprattutto in Francia, per raggiungere parenti o amici, per lavoro o per completare gli studi e ottenere il baccalaureato. Altri spiegano, invece, che per loro non c’è futuro in Tunisia, la disoccupazione è tanta e la situazione è un caos, il governo non esiste e comanda solo la polizia e l’esercito, preferiscono quindi cercare fortuna all’estero e l’Italia è così vicina.
La scena che, però, più tocca il cuore per l’alto tasso di tenerezza e che andrebbe riferita al Ministro Bossi, il quale con un infimo livello di umanità ha liquidato la situazione degli immigrati a Lampedusa con un vergognoso – fuori dalle balle! -, è quella di un giovane di circa sedici anni, che a tarda notte mentre sale, insieme a una cinquantina di connazionali, sul pullman che lo accompagnerà al centro di accoglienza per le procedure di identificazione, chiede in un buon francese a un sorpreso carabiniere: « …ma domani c’è scuola?».
©2011 Pierstefano Durantini