La Commissione europea lancia l’allarme: una buona parte dell’enorme quantità di antibiotici che uomini e animali assumono non viene assimilata e finisce nell’ambiente dove è solo lentamente degradata.
Antibiotici, la Ue lancia l’allarme
Goteborg – La Commissione europea lancia l’allarme: una buona parte dell’enorme quantità di antibiotici che uomini e animali assumono non viene assimilata e finisce nell’ambiente dove è solo lentamente degradata. Si può incrementare così la nascita di batteri resistenti a queste medicine, che perdono l’efficacia. E l’esposizione continuativa a basse concentrazioni di farmaci e a loro misture potrebbe causare effetti nocivi sull’uomo e su tutto l’ecosistema, opportunità che non è stata sufficientemente studiata ed è ancora da dimostrare.
Solo nel Vecchio continente ogni anno da almeno una decade vengono consumate 12.500 tonnellate di antibatterici metà per uso clinico metà per uso veterinario e per l’acquacoltura, per curare cioè gli animali, prevenirne le malattie e favorirne la crescita (in questi ultimi due casi le dosi sono basse ma abbastanza continuative).
Quante tonnellate siano disperse nell’ambiente è ancora un mistero ma – hanno mostrato tre studi europei che hanno coinvolto 13 Paesi – gli antibiotici si ritrovano nel suolo che è concimato o irrigato, nelle acque in uscita dei depuratori, in quelle di superficie e anche di falda e persino nelle fonti di acqua potabile, secondo una ricerca effettuata in Germania che deve essere riconfermata da ulteriori dati. E lo stesso potrebbe accadere anche in Italia perché non esiste nel nostro Paese e in Europa una legislazione che obblighi chi gestisce acquedotti, depuratori o chi imbottiglia acqua minerale a misurare la concentrazione di antibatterici o altre molecole di origine farmaceutica come gli estrogeni. Quando non assimilati questi farmaci sono escreti nelle feci e nelle urine tramite fogne e concimazioni arrivano nell’ambiente. Le normali tecniche di depurazione non gli intercettano. Nel suolo gli antibiotici persistono per oltre un anno, poi i terreni vengono riconcimati e il problema si ripresenta. «Nei fiumi nei mari nei laghi i microrganismi non li attaccano, sono molto resistenti, lentamente li degrada il sole» spiega Nicklas Paxéus ricercatore del progetto RemPharmawater. «La situazione italiana è perfettamente identica agli altri Paesi analizzati: Grecia Francia Svezia – spiega Roberto Andreozzi, coordinatore dello stesso progetto e professore del dipartimento di ingegneria chimica dell’università di Napoli -. La differenza è solo nel tipo di farmaci che magari non sono approvati ovunque. Negli affluenti dei depuratori presi in esame sono presenti 30-35 molecole farmaceutiche in quantità comunque molto piccole, si parla di microgrammi litro. Studi hanno mostrato che si trovano anche nei fiumi come nel Po e nel Lambro».
Tetracicline, macrolidi, sulfonamidi sono i più frequenti. E nemmeno li scarichi degli ospedali, dove la concentrazione è più elevata e spesso si usano antibatterici di ultima generazione perché quelli tradizionali non hanno avuto effetto (proprio a causa della resistenza microbica) prevedono un trattamento per eliminare la dispersione nell’ambiente degli antibiotici.
I ricercatori hanno trovato nell’ambiente anche anti-aritmici anti-ipertensivi, estrogeni (contenuti per esempio nella pillola anticoncezionale) e altri farmaci che non presentano il problema di incrementare la resistenza batterica ma possono avere effetti dannosi a lungo termine su uomo ed ecosistema. «Quattro progetti europei partiti a metà del 2002 e finanziati con 20 milioni di euro – spiega Andrea Tilche a capo dell’unità per lo studio dell’acqua e del suolo della Commissione europea – stanno studiando gli effetti a lungo termine su uomo e ambiente di molecole che possano perturbare i sistemi ormonali fra cui per esempio gli octilfenoli e i nonilfenoli, sostanze che derivano dai detersivi. Studi scientifici hanno infatti mostrato che le comunità acquatiche localizzate dove le acque provenienti dai depuratori entrano nei fiumi presentavano alterazioni del sistema riproduttivo, si trovavano per esempio pesci ermafroditi o maggiore presenza di organismi femminili piuttosto che maschili».
«Dei farmaci però non si può fare a meno tranne quelli a uso veterinario preventivo e per favorire la crescita (che dal 2006 dovrebbero essere banditi in tutta Europa, ndr)» ha sottolineato Christian Paterman direttore del programma ambiente della Commissione. Le tre ricerche (chiamate Eravmis, Rempharmawater e Poseidon) hanno anche studiato strumenti per eliminare gli antibiotici dall’ambiente (si veda articolo a fianco). Ma queste tecniche implicano un aumento dei costi dell’acqua stimato in Italia nel 4% e i danni a ecosistema e uomo devono essere ancora dimostrati mentre la resistenza batterica è un fenomeno assodato che va tuttavia quantificato. Così, mentre il principio di precauzione si scontra con la valutazione economica la ricerca va avanti.
LARA RICCI