Il tritarifiuti è un pessimo amico dell’ambiente. Diverse ricerche e sperimentazioni lo dimostrano
Legambiente più volte ha avuto modo di dire, con il conforto di evidenze scientifiche ed i dati di fatto delle precedenti sperimentazioni, che il tritarifiuti è un pessimo amico dell’ambiente: immettere sostanza organica pulita nella rete fognaria implica un netto peggioramento della qualità degli scarti alimentari che verrebbero trasformati in fanghi peggiorando sensibilmente la qualità dei materiali trattabili per produrre compost (è significativo che in Svizzera abbiano recentemente istituito il divieto di utilizzazione agricola dei fanghi, mentre si continua a promuovere la produzione e la applicazione di compost di qualità da raccolta differenziata) inoltre un’estensione al 100% della popolazione, in un contesto con reti tecnologiche già strutturate, non è generalmente ipotizzabile, in quanto potrebbe causare occlusioni fognarie: di conseguenza si presenta la necessità di continuare a gestire sistema di raccolta dell’umido per le utenze che non lo applicano, a costi sostanzialmente invariati per l’incidenza dei costi fissi del sistema di raccolta. Insomma un costo aggiuntivo, quello dell’installazione del tritarifiuti, senza corrispondente beneficio economico. Se a ciò aggiungiamo il fatto che la gran parte dei comuni italiani non sono provvisti di impianti di depurazione, l’operazione risulterebbe oltre che ambieltalmente peggiorativa e diseconomica, anche diseducativa. Infine non risulta, considerati i costi di installazione e gestione, che ci sia un reale vantaggio economico rispetto ai sistemi di raccolta secco-umido, che hanno già dimostrato ampiamente la possibilità di ottimizzazione operativa e di risparmio economico, anche (e soprattutto) in contesti a bassa densità abitativa.